Antonio Giunto

“Le opere di Rosanna di Marino raccontano le recondite emozioni di una donna che si trasformano in colori. Le tecniche usate per lo più “miste” prendono spunto dalla maturata esperienza frutto del suo bagaglio artistico, e si ergono in particolare sugli spaccati di vita vissuta dell’artista. Il tema trattato peculiarmente è quello della donna all’interno dell’universo la quale affrancandosi dalla figura maschile si racconta alleggerendosi da ogni infrastruttura concettuale. Un discorso quello della Di Marino tendente al rispetto del cosmo femminile, un riscatto che passa attraverso l’analisi del proprio intimo, per poi, successivamente, raccontarsi creando quella sorta di specchio dove è facile riconoscersi.”

Antonio Giunto – Critico d’Arte.

Gabriella Corrente

“Il maschile e il femminile non hanno solo forme e colori diversi, ma anche odori, sapori, umori opposti e complementari, che si diffondono nell’aria e come voci e suoni si trasmettono di onda in onda fino a giungere a destinazione. Chiunque può seguirli, a patto che abbia un animo sensibile e una mente aperta, basta farsi guidare dalle impronte installate da Rosanna sul pavimento per terra, tra la sabbia o addirittura su dei sacchi vecchi. Sono tracce che partono dall’aspetto reale dell’uomo e della donna, concretizzato in volti monocromi e simbolici di una specie intera, e ci introducono nella sfera del sentimento paradossalmente espressa nella maniera più materica possibile: dalla notizia nuda e cruda data dai quotidiani, all’emozione che si libera dal corpo in un’astrazione pura che esplode con lo spessore delle forme e la violenza dei colori… E le stesse impronte ci indicano la strada che conduce all’incontro delle entità diverse anime e menti divise fuse e sovrapposte, maschile e femminile, forze in atto che divergono e si uniscono, si scontrano e si amano, in un gioco infinito squisitamente accattivante, che Rosanna Di Marino esprime in una maniera intelligente e sagace, e fine, firmando le opere con delle note distintive, come i simboli con cui ci parla, come la spirale da cui tutto ha inizio, ma che allude anche al prosieguo della nostra vita.”

Gabriella Corrente – Docente, Pittrice e Storico d’Arte.

Fra attimo e atmosfera

Fra attimo e atmosfera, impeto e sedimentazione, introiezione e rappresentazione, Rosanna Di Marino modula il suo ondulato e frastagliato percorso pittorico. Le sensazioni, le emozioni, le riflessioni della mente e del cuore vanno tanto oltre la greve e piatta ripetitività oggettiva. Il vero più vero, che appare sussulta, geme, freme e scompare, si frantuma si scheggia, si ricompone, si aggruma come estensione, costruzione, fervida e tesa e sedimentazione di palpiti, incanti, brividi, stupori, sospiri. L’Arte si spettacolarizza, bisbiglia, si ritrae. Il tutto si fa niente, l’evanescenza si fa consistenza brulicante di vero fra baluginii di mistero e di reale, di suggestioni e intuizioni che scostano l’opaco apparire e frugano, insistenti, fra gli intrichi, i viluppi, i labirinti della vita. Il segno si fa labile impronta, sfinimento e allusione evocazione e pena, deiezione e affermazione di verità. Il colore snervato, smoccolato, illividito, scialbato, ora intenso, denso, aggrumato, screziato, ora appena sfaldato, sfumato, parsimoniosamente elargito, non si crea spareggi, discrasie o ruvido impatto. Crea effervescente equilibrio, sussultante empatica armonia. Le concrezioni pittoriche di Rosanna Di Marino, artista che assiepa consapevolezza tecnica e risorse interiori, fiondano l’elan vital di Bergson quella spinta creativa, dinamica che consente la comunicazione fra uomo e realtà, fra soggetto e dato oggettivo che lontano da fumisterie arzigogoli esornativi e pacchiane risoluzioni si fanno davvero un tutt’uno. Nietzsche nella “Nascita della tragedia” riprendendo il principio delle dualità fra istinto e ragione la rappresentativa nella scansione volontà-rappresentazione, facendo corrispondere il dionisiaco all’ebbrezza all’impulso della volontà e l’apollineo, al sogno, all’idea, alla rappresentazione. Rosanna Di Marino risolve l’eterna dualità, lo scontro che lacera la vita e l’Arte. La grazia, la serenità, l’equilibrio si mantecano con la vis creativa: le sue opere lo gridano a bassa voce, nella luce sfolgorante della penombra. Tutto si compatta e si slarga in accenti di comunione con l’umanità. L’incontenibile disagio a resistere nei rigidi steccati dello spazio e del tempo, della solitudine e dell’inerzia, spingono la Di Marino ad andare oltre. L’Arte è il suo approdo naturale. Le sue creazioni in un frastaglio di sensazioni e emozioni, come attimi di vertigini si sciolgono in palpiti, in rivelazioni, sono i fervori i fremiti gli affioramenti di un animo delicatamente pensoso. Pollock, Sol Lewitt, Dalì, Roshko sembrano assistere al lungo e ombrosamente luminoso viaggio dell’artista. Sembrano accompagnarla con trepida attenzione. Ma distolgono gli occhi quando ella va lontano, tanto lontano, oltre il loro sguardo.

Luigi Crescibene – Critico d’Arte.

Forme e figure emblematiche

Forme e figure emblematiche colori pastosi, morbidi e plastici giochi di corrispondenze e di contrasti, materiali variegati e sapientemente assemblati sono gli ingredienti di questa mostra originale, che rappresenta la summa dell’arte e del sentire di un’artista,donna sensibile e particolare, come Rosanna Di Marino. Il femminile e il maschile vengono rappresentati in maniera del tutto personale, attraverso una interpretazione sicuramente incisiva e di forte impatto visivo ed emotivo. Già i volti quello femminile frontale, composto nell’atteggiamento, dagli occhi intensamente espressivi ed evidenziati rispetto al resto, in quel colore azzurro dominante, quello maschile, un po’ di profilo, più marcato nei tratti, dagli occhi si espressivi, ma non particolarmente evidenziati rispetto al resto, azzurro ma con trasparenze di giallo/arancio/verde, sottolineano la diversità e la irripetibilità dell’essere femminile e di quello maschile, diversità che diventa “condicio sine qua non” per il momento della sintesi preparata per così dire suggerita proprio da questa differenza. L’elemento femminile è dominante e impronta di sé la successione dei pannelli, con l’iterazione della spirale simbolo inequivocabile della femminilità e presenza topica nell’arte della Di Marino, evidenziata dalla solarità dei colori giallo e arancio inserita in forme geometriche anch’esse simboliche in particolare il quadrato, talvolta in posizione romboidale o complicato dalla presenza del cerchio, figure che rimandano a suggestioni magiche e misteriose, come magico e misterioso è l’universo femminile. Per il femminile il mélange dei colori pastello è estremamente armonico e plastico, pur nel magma dell’Es, in tensione verso l’equilibrio e la soluzione; il maschile è essenzialmente azzurro, con un po’ di rosa e nero, meno complesso e complicato nella morbidezza dell’andamento delle linee che risulta più ampio e regolare. Poi comincia il gioco seducente dell’intrecciarsi e intersecarsi dei due elementi: dapprima il femminile sul maschile, azzurro su rosa con qualche accenno alla fusione dei due colori, e il maschile sul femminile, rosa con qualche punta di giallo, emergente in un cocktail di colori pastello su un unicum di azzurro, ancora separati e distinti tramite la sovrapposizione del rettangolo sul quadrato. Poi climax figurativa ed espressione passa attraverso “il mio e il tuo sentire”, scandito da due momenti, nel primo dei due elementi, pur nel rispetto della diversità del loro sentire, i colori sono variegati, anche se si indulge a quelli caratteristici rosa/azzurro; nel secondo, il maschile e il femminile non hanno contorni né distinzioni ma diventano un tutt’uno sottolineato anche dalla sintesi cromatica. Un’altra climax allusiva è espressa dai pannelli collegati, intitolati “il femminile e il maschile”; il primo nella sua essenzialità cromatica (bianco-nero con spruzzi di azzurro) e nel suo andamento circolare a mo’ di vortice, presenta due orme quella maschile avanti, la femminile più indietro; nel secondo le orme della scarpa si dimezzano e trapassano nel nudo dei piedi su uno sfondo fondamentalmente azzurro con un po’ di bianco e nero avanti è quella femminile, un po’ più indietro quella maschile; l’arancio soprattutto e poi il giallo colorano, infine, la scenografia del terzo in cui le orme sono nude, a stemperare il tutto nella dimensione/natura, in cui si coglie l’essenziale senza sovrastrutture né artifici. Una traccia davvero intrigante da seguire e percorrere in una fantasmagoria di simboli e immagini allusive da cogliere interpretare tradurre in riflessioni e sentimenti. Una visione/conoscenza, trasferita in linee e colori che significano la distinzione dei due elementi fatti anche di scontro, di conflittualità, di dicotomia, verso l’unità da cui scaturisce la vita e la realtà/mistero dell’eterno ciclo esistenziale.

Maria Olmina D’Arienzo – Docente e Critica d’Arte.

In scurochiaro, verso la spirale solare

Nel suo personale ed originale cammino, artistico ed umano, in controllato bilico tra razionalità e liberatori voli di fantasia ed emozionalità, Rosanna Di Marino con la mostra “II mio e il tuo sentire” ha toccato una tappa significativa di svolta e di conquista. Apparentemente il linguaggio di questi dipinti è distinto e lontano da quello dei primi passi di magmatica maturazione, in cui i dipinti emergevano come “pittopensieri “suggeriti da un cuore in fermento e da una forte e difficoltosa ricerca di identità personale e sociale. Dominava il figurativo simbolico, intrecciato di forme pastellate e immagini dal vero, con “lampi” di luce e uccelli volanti verso le non irraggiungibili utopie del Paradiso della Libertà. Ora, invece, il figurativo è decisamente in secondo piano, mentre la parola e l’emozione vengono affidati a giochi di materia e di colore, in una contrapposizione ideale tra chiaro e scuro, stacchi e collegamenti, scenari notturni e splendori solari. Una dimensione in cui dobbiamo necessariamente aggiungere il “nostro” sentire al “mio e al tuo” dichiarati dalla Di Marino. Il rapporto tra lo spettatore e le sue figure è cambiato, ma non rivoluzionato, rispetto alla prima fase. Ancora una volta il sentire non può, e non deve, essere disgiunto dal capire. Fermo restando che in alcuni di questi dipinti la Di Marino sembra aver finalmente toccato momenti di libero volo del colore (e dell’anima) senza il condizionamento decisivo della forma e della razionalità, si nota che anche questi sono “pittopensieri”. Anche in questi, il riferimento è dato dalle forme, sia pur latenti, dalle geometrie, sia pur limitate, e da una pigmentazione razionale alla quale non può rinunciare chi vuole che la sua identità più avanzata sia quella di un gabbiano con le zampe sfioranti la terra. Queste opere richiamano le fasi precedenti non solo con la plurimaterialità, ma anche con la presenza degli articoli di giornale, che una volta dominavano ed ora invece sono appena affioranti sotto la pelle del quadro, ad indicare che l’io non è mai disgiunto dal noi…. Anzi, in questo caso il primo riferimento esterno è racchiuso nel “tuo” del titolo. A chi appartenga questo tuo è chiarito subito dalla coppia di quadri di apertura della mostra, che non solo evidenzia come tutte le opere siano pagine di un unico libro in stretto rapporto tra loro, ma ci lancia davanti agli occhi muri e ponti dell’eterno rapporto tra il femminile e il maschile. Visto dalla parte del femminile, però, e di chi vuole scavare fino in fondo nella ricerca della personale femminilità, ma sapendo che deve fare i conti col maschile che la intride da tutte le parti. Le due figure iniziali, le uniche figurative, chiariscono suggestivamente l’assunto: il volto di donna è illuminato dal colore degli occhi e dalla tenerezza dell’anima e leggermente oscurato dal grigiore o dall’indifferenziato che la circonda, il volto dell’uomo è più duro e non ha colore “dentro”: lo assume solo dall’esterno, attraverso schizzi e pennellate che lo avvolgono, ma forse non lo impregnano. Diversamente impostati, i due volti sono due mondi, eppure accoppiati tra asimmetrie e simmetrie. Ma il colore più intimo ed avvolgente viene dal sentire di lei, quando riesce a mostrarlo ed a condividerlo. Difficile pensare a quadri “singoli”, con queste premesse. E non a caso l’interno della mostra procede per trittici e tetrastici: le forme sono stemperate nel gioco e nei simboli del colore, ma il messaggio a questo punto diventa fermo e costante. Ora incontriamo il femminile che si fonde, separandosi, in una sovrapposizione di tasselli materici, ora lo vediamo letteralmente “camminare”nei quattro quadri delle orme dall’inferno. Nell’indistinto informale si distinguono appunto due orme, una femminile ed una maschile, che avanzano in una serie di colori inizialmente dominati dalla notte del nero e poi sempre più vividi, fino a conquistare nei gialli e nei rossi una solarità volante, apparentemente senza confini. Le conquiste di una coppia? Forse, ma certamente, sembra dire la Di Marino, con il colore del “mio” sentire di me donna. Infatti anche questa è una tappa del cammino, come emerge nettamente dalle evoluzioni in scuro chiaro di un altro tetrastico, dove la spirale emerge dalla notte per conquistare il giallo rosso di una sua solarità. Stavolta senza il sentire di altro. Alla fine del discorso rimane l’impressione proprio di quella spirale solare, vibrante di tutte le vibrazioni eppure ben imbozzolata nella sua stessa e complessa spiralità, in uno spazio pur sempre definito. Una suggestiva dimensione di conquista, forse l’attesa di un nuovo volo. Forse, in quella spirale si concentra il cuore di un cammino circolare: il mio, il tuo, il nostro, il mio. Ma che differenza tra il primo ed il secondo “mio”! Quella tra un sospiro di sollievo e l’energia verso nuovi e più definitivi voli di identità. Forse, il Paradiso può attendere, ma gli spicchi di luce oramai non si fanno più attendere…

Franco Bruno Vitolo – Docente, Giornalista e Critico d’Arte.

L’anima segreta delle cose ovvero “il mio e il tuo sentire”

“I grandi artisti non vanno a ricercare le loro forme nella nebbia del passato, ma ccolgono le risonanze più profonde dal vivo e reale centro di gravità della loro epoca.”

Franz Marc

Uno sguardo attento sul mondo artistico contemporaneo ci rende consapevoli che gli artisti di oggi, più che un generale pensiero sull’arte, più che la ricerca di un linguaggio idoneo a esprimersi – quello che una volta veniva chiamato visione del mondo – sembrano essere preoccupati di dire la loro pur senza adeguarsi a un rigore tecnico o formale, che una volta veniva riconosciuto come il contrassegno dell’appartenenza a un gruppo, a un movimento o a un’esperienza artistica. C’è una generazione di nuovi artisti, anche nelle nostre terre, che sta operando giorno per giorno in una realtà sempre più difficile, mossa dal provvisorio e dalla crisi, in tutti i sensi intesa. La conseguenza del loro operare in siffatto mondo, in cui ogni sorta di accadimenti si susseguono con fulminea rapidità senza lasciarci né appigli né certezze, è l’affermazione di un’arte viva, intesa come esperienza che esprime il vissuto, non più solo il rappresentato; un’arte che aspira a vivere. non a vedere. A questa generazione di artisti contemporanei appartiene Rosanna Di Marino, non saprei dire se architetto prestata alla pittura o pittrice prestata all’architettura, offrendosi a noi in questo suggestivo percorso espositivo, esistenziale direi, che ci impone di riflettere sul mondo profondo degli affetti e delle relazioni, sul luogo dell’ideale incontro fra il maschile e il femminile, sul terreno arduo delle intese e dei contrasti intimi, sul ciclo dei nostri desideri e sulla terra dei nostri bisogni più concreti, un percorso tra l’inferno e il paradiso dei sentimenti. Sicuramente la Di Marino in questo itinerario pictus non vuole offrirci nessuna visone del mondo universale e oggettiva, né tanto meno vuole avere la pretesa di cambiare il mondo, intenzione così cara alle avanguardie storiche degli inizi del Novecento; ma sicuramente ci offre la sua libera e profonda soggettività che tenta di dire sé stessa nell’arduo mondo delle cose dell’arte, nel bosco oscuro della sopravvivenza quotidiana. Le opere sono di formato relativamente grande, ampie, fruibili, comprensibili pur senza rischiare la banalità o la retorica, trattando argomenti delicati, usati e abusati come i sentimenti e il sentire. Proprio per questo le tele non sono più tali, ossia non sono più luogo della rappresentazione ma lo spazio vitale dell’azione umana, della Di Marino prima e nostra dopo. La stessa materia cromatica impastata con sabbia, pietre e sostanze terrose diventa lo strumento con cui il pittore agisce e non solo il linguaggio con cui si esprime. La superficie diventa il luogo dell’azione, il campo dove la vita agisce, il talamo dove le opposte polarità del maschile e del femminile diventano due facce della stessa medaglia. Non sempre il figurativo prevale, anzi direi che la Di Marino qui compie una consistente virata verso la rotta del non figurativo, attratta come è sempre stata, in fondo, dai linguaggi nuovi del contemporaneo, pur essendo ferma proprietaria e padrona delle tecniche espressive tradizionali. Il suo espressionismo sembra raggiungere l’astrazione in alcuni casi, rafforzandosi nell’imponente gesto pittorico intuibile dalla notevole materia cromatica. La materia della sua pittura, come i contenuti del suo sentire si trasformano come per incanto in una composizione astratta, fermo restando, qua e là, l’insistenza su forme del mondo riconoscibili, come un viso maschile e uno femminile, delle impronte di piedi, il segno delle dita nel magma del colore.Forme che assumono quasi il ruolo di simboli, immagini di un inconscio ribollente, di una spiritualità tesa e forte, tutta femminile. Una spiritualità che si manifesta quando la conoscenza razionale e l’esperienza-nel-mondo hanno raggiunto le colonne d’Ercole dei propri limiti materiali e sensoriali, rivelandosi a noi nella simbolica delle forme e del colore. La caratteristica femminile di questa spiritualità non è un riferimento frutto del caso. Credo che per troppo tempo la Storia dell’ Arte ufficiale sia stata declinata al maschile. Questo evento espositivo ci offre una preziosa occasione di riscattare il sessismo della storiografia, soprattutto oggi che i riferimenti al femminile da parte del potere imperante sembrano prediligere figure di veline, letterine o peggio ancora di escort! Qui invece una donna (pittrice) riesce ad appropriarsi della propria sensibilità, dovrei dire del proprio animus, lasciandosi fecondare nel carattere e nella personalità da vero artista. Il risultato delle opere di Rosanna Di Marino è la consapevole conciliazione tra la sua realtà interiore e la realtà del mondo e della natura. Nonché la riconciliazione, che spesso sfugge alle filosofie e persino alle religioni talvolta, fra corpo e anima, fra materia e spirito, fra maschile e femminile. Il dualismo è finalmente vinto. Solo l’arte può osare fino a tanto!

Alfonso Di Muro – Docente e Storico d’Arte.

Giochi d’arte e amplessi d’amore

E’ un viaggio “con…” la raccolta di quindici lavori per quindici opere che Rosanna Di Marino mette in esposizione. E’ un viaggio di coppia, espresso in prevalenze cromatiche, dove giochi di osmosi diventano compenetrazione in altrui percorso storie di una quotidianità nella quale oscillano storie diverse e parallele… uguali di lei e di lui, E’ un viaggio nel quale l’autrice dispiega tutta la sua capacità di comunicare in sintesi cromatiche, esaltate dalla tangibile materialità degli elementi adoperati. Così il rosso passione per antonomasia è appannaggio di “lei”, quale espressione ancestrale di un raccoglimento familiare e a donazione di quell’amore intenso, profondo che solo una donna sa esprimere e portare a completamento di percorsi “con…”. Per “lui” è l’azzurro modulato, espanso in materie anche qui ampiamente visibili e tangibili a corona di una serena protezione diffusa verso quanti e quanto circonda un diverso e integrato quotidiano in coppia. Da queste premesse, Di Marino si muove per i suoi giochi d’arte con accavallamenti, fusioni degli esseri, non solo in termini di comprensione spirituale, ma anche materiale, sovrapponendo gli elementi in un amplesso d’amore generatore di altre esistenze. Un gioco che si articola senza nervosismi nell’esaltazione della passione di corpi e di anime, in contesti sociali dei nostri giorni. Quei ritagli ordinati di giornali su cui si intravedono lacerti di notizie, a diversità di caratteri e impaginazione, sono l’elemento di fusione con il mondo che, giorno dopo giorno ritma la vita in due scandisce il viaggio verso un futuro di speranza. Simbolo è l’opera in tre quadri, ad alleviato andante dove “lui e lei”, affiancati lasciano l’orma di una loro scarpa in un preoccupante presente; il solo tacco è il successivo passo di speranza ad ingresso, a piedi nudi, in un futuro di calma distesa. E alla memoria sovvengono altri viaggi dell’anima, come quello di Francesco D’Assisi verso la libertà di spirito e la liberazione di beni materiali per una completezza di unione nella scelta dell’altro, confine d’amore. Anche qui il cammino è a due, quasi a voler sottolineare la necessità del reciproco sostegno in quello che non è certo un viaggio facile. E primeggiano gli amplessi, quelle piccole tavole(lui) raccolte in tenero abbraccio di tavola più ampia (lei), alcova d’amore universale, che sa scegliere (e difendere) il modo di stare insieme. La forza della vita che si manifesta soprattutto in chi genera la vita! Poi è l’opera in quattro movimenti su sfumati scenari quotidiani (ritagli di giornali) posti quasi a filigrana di eventi. Su nero esaltante il messaggio cromatico è la vita della donna in movimento. Il quadrato centrale articola la sua posizione in tre movimenti iniziali, nei quali anche il nero di fondo, nell’andante, muta la sua compatta intensità a mostra dell’invisibile latente. Poi il chiarore dell’ultimo atto divenuto tondo solare, dove tutto è luminescenza, intellegibile, ricchezza di speranza. La vita continua, soprattutto nelle trasformazioni dell’incubazione. Un processo che solo una donna può garantire dopo il viaggio breve o lungo che sia, compiuto “con…”. Due volti definiti da due distinte tavole in acrilico svelano le loro fattezze nell’alba di un sogno… Inizio di una storia tra compagni di viaggio verso nuove scoperte di passione? L’intensità degli sguardi riportano la mente e il cuore, a quei mai sopiti palpiti d’amore di cui si alimenta il grande respiro dell’universo.

Vito Pinto – giornalista e critico d’arte.